“Tornare in Nicaragua”: a Luigi Mezzacappa e Adelina Bottero il premio Vesuvius Film Festival

Il docufilm “Tornare in Nicaragua” di Adelina Bottero e Luigi Mezzacappa ha vinto il premio Vesuvius Film Festival, giunto alla sesta edizione, per la sezione Diplomazia e Cultura. Regista di “Terre Rouge”, il docu tratto dal libro Il pallone e la miniera, Mezzacappa racconta in questo articolo come è nata l’idea di “Tornare in Nicaragua”, che potete vedere cliccando nel link in basso.

di LUIGI MEZZACAPPA

Tornare in Nicaragua è la mia ultima fatica. Si dice così, no? In realtà, costruire questo racconto è stato tutt’altro che una fatica, ma un grandissimo piacere. Quando l’anno scorso Adelina, militante di vecchia data della solidarietà internazionalista, mi disse che a distanza di 33 anni dall’ultima volta sarebbe ritornata in Nicaragua, le brillavano gli occhi. A partire dal 1983, per nove anni frequentò il Paese partecipando ai campi di lavoro organizzati dall’Associazione di amicizia, solidarietà e scambi culturali Italia-Nicaragua e dall’ACRA, ma ci tornò anche in autonomia. A Torino, con altri fisioterapisti, persone disabili ed architetti esperti in barriere architettoniche, fondò un comitato, divenuto poi un’associazione di supporto nell’ambito specifico della disabilità.

Adelina Bottero

La Rivoluzione Sandinista aveva trionfato pochi anni prima e l’intera società nicaraguense era in entusiastico fermento. In quegli anni si gettarono le basi per la costruzione di un modello che ribaltava i principi del profitto e della discriminazione sociale. In questi 40 anni Adelina non ha mai perso i contatti con le famiglie nicaraguensi che la accolsero allora, ad esse e a quel popolo per sempre riconoscente per averle regalato un “imprinting” indelebile che ha alimentato la fiducia in un altro mondo possibile. Non ha mai cessato di gioire per loro per i numerosi progressi del Paese, o di soffrire con loro per gli attacchi che hanno dovuto subire ad opera dell’imperialismo statunitense che, con i contras e attraverso le molteplici forme d’ingerenza e guerra ibrida, negli anni ha cercato di riprendersi il controllo della politica.

In occasione del 45° anniversario del Trionfo della Rivoluzione, Adelina ha ricevuto un invito ufficiale a partecipare ai festeggiamenti. Quale migliore occasione per tornare? “Se scatto qualche foto, avresti poi voglia di montarle in uno slideshow?”, mi ha chiesto. Le ho risposto: “Guarda, se riesci a fare anche qualche ripresa monto anche quelle. Poi magari scrivi un testo che le racconti e le spieghi, e ci mettiamo anche due musichette, un titolo di testa e uno di coda, così possiamo chiamarlo ‘film’, e così gli amici non possono più fare il vuoto se diciamo che proiettiamo le foto del viaggio…”.

Amo costruire questo genere di racconti. Amo raccontare storie che la nostra informazione normalmente non racconta. Amo sfatare i miti negativi della propaganda occidentale, tanto più subdola quanto più nega di essere propaganda. Amo ascoltare i racconti degli amici, soprattutto quando me li raccontano con gli occhi umidi e la voce rotta. E amo reinterpretarli e raccontarli a modo mio.

Sono stato a Cuba tante volte, ma in Nicaragua mai. Grazie ad Adelina, adesso è come se ci fossi stato. Lavorare fianco a fianco con lei mi ha dato l’opportunità di conoscere un’altra storia come quella di Cuba, sia nei trionfi che nei tonfi, che poi – i tonfi, dico – sono sempre l’effetto di una guerra strisciante, vigliacca perché mai dichiarata: l’embargo, le sanzioni anche contro il Diritto Internazionale, la dissidenza e il terrorismo prezzolati. Come in Venezuela, come in Bolivia, come anche e perfino in Ucraina: è sempre la stessa storia, “igualita igualita”, come a un certo punto del film dice uno degli intervistati…

“Negli anni ‘80 ho respirato la potente energia collettiva di un popolo che si era liberato dalla dittatura e costruiva finalmente il proprio futuro”, dice Adelina, e prosegue: “Poi ho vissuto l’amarezza del ritorno dei neoliberisti al potere. Ho sempre seguito le vicende di quel Nicaragua che ti resta nel cuore. Tornarci dopo 40 anni e constatare quanto in meglio sia cambiato, è un’emozione unica. Testimoniare tutto questo è un dovere verso il Paese, specie quando qui la propaganda martella le menti di tutti, anche di coloro che furono attivi nella solidarietà internazionale, oggi ignavi, incapaci di uscire dalle nebbie della disinformazione strategicamente usata come strumento di guerra ibrida contro quei Paesi che non si sottomettono all’impero”.

Adelina mi ha raccontato il Nicaragua e io ho raccontato il suo racconto. La sua emozione è diventata presto anche la mia. Tornare in Nicaragua è un lavoro “grezzo”: riprese e fotografie non sono “leccate”, si tratta in sostanza di un montaggio di materiali (immagini e video) raccolti “sul campo” con un semplicissimo cellulare, e materiali “di repertorio” recuperati da Youtube ai quali ho chiesto aiuto per “aumentare il colore”. Questa mancanza di raffinatezza emerge con chiarezza, ma mi auguro che sia riuscita a conferire al lavoro quel taglio che cercavo, che lo rendesse un prodotto più semplice e autentico.

Il riconoscimento del Vesuvius Film Festival è stato un grandissimo piacere, ma non per me, e sono pronto a scommettere che sia così anche per Adelina, autrice dei testi. Siamo felici per il Nicaragua che, per una volta e anche se solo per pochi minuti, può parlare con la sua voce e dire le cose che ha da dire, ma che da noi non si possono raccontare.

Il Nicaragua smentisce per la milionesima volta la narrazione che dà per “fallito” ogni Paese che non si allinea alle follie dell’imperialismo statunitense. Il Nicaragua smentisce TINA, il There Is Not Alternative di Thatcheriana memoria. Vogliono convincerci che un altro modo non sia possibile perché non sarebbe perfetto, come se lo fosse questo in cui viviamo. Non vogliamo un mondo perfetto, vogliamo un mondo che cerchi di rimettere l’uomo al posto che il denaro gli ha usurpato.


TORNARE IN NICARAGUA

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