di TONIO ATTINO
Dicono le statistiche che in Italia ogni giorno tre esseri umani muoiono per infortunio sul lavoro (1041 nel 2023, dati Inail) e che quasi tre milioni di persone hanno un lavoro precario (dati Istat, gennaio 2024), mentre coloro che non hanno neanche questo sono 12 milioni e 752 mila su una platea di 23 milioni 580 mila di occupati. I quali verosimilmente non vedono l’ora di lasciare il lavoro per la pensione e magari sognano di trasferirsi in un posto più confortevole in cui i contribuenti vengono tassati meno e trattati meglio degli evasori fiscali (83,6 miliardi di euro evasi nel 2021, dati Agenzia delle Entrate).
I numeri sono questi, eppure non riusciamo a rinunciare alla retorica con cui, il primo maggio, si ripetono gli stessi ritornelli, gli stessi slogan fotocopiati dall’anno precedente. Dalle prime ore del mattino, anche stavolta i telegiornali ci hanno regalato (la Rai no, la retorica ce la fa pagare con il canone) le frasi del presidente Mattarella, l’articolo 1 della Costituzione con la Repubblica “fondata sul lavoro”, gli auspici del sindacato, e lasciamo stare i giornali che predicano e licenziano nello stesso momento. Ne possiamo fare a meno? Pare di no, ma sarebbe bello. Potremmo sperare nel primo maggio 2025, ma sarà certamente la fotocopia di questo.