Non potevamo aspettarci che qualcuno, qui, nella patria del diritto, parlasse di diritti. Per fortuna ci ha pensato un giovane di 34 anni a New York, nella terra del liberismo e di Donald Trump. Il nuovo sindaco Zohran Mamdani ha detto qualcosa, anzi molte cose di sinistra. Addirittura. Il problema è che adesso in Italia dovranno commentarne le dichiarazioni per darsi ragione a vicenda, destra e sinistra. Purtroppo è sempre così, meglio non farci caso. Pubblico di seguito l’articolo che il mio amico e collega Carlo Vulpio ha scritto per il suo blog carlovulpio.it con il titolo Madmani meglio di Giorgia: “Sono musulmano, democratico, socialista. E non devo scusarmi”. Ne sottoscrivo anche le virgole.
Il nuovo sindaco Zohran Mamdani, 34 anni, ha parlato di lavoro, scuola, sanità, trasporti, infanzia, senzatetto, affitti cari e salari bassi, miliardari e poveri, sfidando il presidente Trump
di CARLO VULPIO
È inutile cercare di sminuire la vittoria di Zohran Mamdani, il nuovo sindaco di New York, come ha fatto persino il quotidiano “liberal” New York Times. È inutile dire: Mamdani ha vinto a New York, che è una città “di sinistra”, quindi è come se in uno Stato americano di destra avesse vinto un repubblicano. Non è così. La vittoria di Mamdani è (può essere) l’inizio di qualcosa di nuovo. Di un cambiamento reale. Non c’entra New York, che è “di sinistra” come potrebbe esserlo, per dire, il Pd e tutto il centrosinistra italiano. E non c’entrano gli Stati americani “di destra”, dove le classi più povere votano a destra poiché la sinistra è come la destra e spesso anche peggiore di quella.
La verità è che Mamdami ha fatto una campagna elettorale all’attacco, non in difesa. E ha parlato chiaro. Ha alzato la voce, si è rivolto ai “dimenticati” dalla politica, ha parlato di lavoro, scuola, sanità, trasporti, infanzia, senzatetto, affitti cari e salari bassi, miliardari e poveri, e ha ringraziato chi ha “fatto grande” New York, rivolgendosi direttamente al popolo di «piccoli commercianti yemeniti, nonne messicane, tassisti senegalesi, infermiere uzbeke, cuochi di Trinidad, zie etiopi”. Perché, ha detto Mamdani, «New York è una città di immigrati, resa forte dagli immigrati e da oggi guidata da un immigrato».
Il discorso di quest’uomo – che, confesso, mi ha colpito per la forza, la passione, la chiarezza, l’ottimismo, e persino per il tono della voce, la bella faccia mediorientale e anche per i baffi orgogliosamente portati -, è stato il contrario di un discorso di odio e di rivalsa. Come invece ha fatto quel deputato repubblicano con la kippah sulla sua testolina vuota inveendo contro Mamdani e dicendo che non sarebbe stato soddisfatto fino a quando non lo avrebbe visto “deportato” alla frontiera. Mamdani ha invece rifiutato l’odio, il cinismo e la paura e ha fatto leva sulla speranza e la rinascita. E sul rispetto reciproco e la pacifica convivenza tra tutti, a cominciare dalle comunità ebraica e musulmana.
«Sono musulmano, democratico e socialista», ha detto il nuovo sindaco di New York, «e non devo scusarmi per questo». Finalmente. Surclassati sia l’italo-rap «Io sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana», sia i balbettii di Schlein & Co. Poi, Mamdani ha citato anche Fiorello La Guardia, il mitologico sindaco di New York dal 1931 al 1945, figlio di italiani meridionali (i suoi genitori erano di Cerignola, Foggia), e quindi un altro immigrato. Il quale allevò Vito Marcantonio, suo braccio destro, che in seguito divenne uno dei migliori deputati del Congresso americano ed era anch’egli un italiano meridionale (di Picerno, Potenza), cioè un altro immigrato.
Mamdami ha vinto anche a dispetto di una buona fetta del Partito Democratico, che candidava Andrew Cuomo, già governatore dello Stato di New York per dieci anni, dal 2011 al 2021, e sul quale il presidente Donald Trump, pur di sbarrare la strada al “comunista” Mamdani, ha fatto convergere i voti dei repubblicani. Trump aveva anche minacciato di tagliare i fondi a New York in caso di vittoria di Mamdani e il sindaco musulmano-democratico-socialista non se ne è dimenticato. Nel suo discorso di ringraziamento dopo la vittoria, si è rivolto direttamente a Donald: «So che mi stai ascoltando – ha detto -. Ti dico solo quattro parole: alza il volume! (Turn up the volume)». Se questo è un nuovo inizio, non possiamo predirlo, ma solo sperarlo. Intanto, fuori dagli Stati Uniti, oltre ad alzare il volume, si cominciano ad aprire gli occhi e le orecchie.
