Grazie Gian Paolo, fuoriclasse del giornalismo, “veramente di sinistra”

Torinese e torinista, colto e divertente, geniale ed eclettico, se n’è andato a 89 anni Gian Paolo Ormezzano, grande giornalista, grande giornalista sportivo. Potete leggere in basso il ritratto che ne ha fatto l’agenzia Ansa o sul web gli articoli che gli hanno dedicato. Per chiunque abbia lavorato in un giornale, Gian Paolo era un mito. Io l’ho conosciuto poco, quasi nulla, ma abbastanza per capire chi fosse. Scrivo poche righe su lui. Purtroppo, non posso permettermi di più.

Gian Paolo Ormezzano

di TONIO ATTINO

Gian Paolo Ormezzano doveva essere una fortuna per chi, in redazione, avesse bisogno di un pezzo. Lui poteva inventare qualunque cosa. Scrivere di ciclismo o calcio, arte o letteratura, calcio e letteratura insieme. La prima volta che lo incontrai, nella redazione della Stampa, a Torino, la sua città, cominciammo a chiacchierare e io, trentenne, non riuscivo a sentirmi a disagio. Avrei dovuto, per la sua storia, venticinque Olimpiadi da inviato, decine di Tour de France e Giri d’Italia, ex direttore di Tuttosport. Ma Gian Paolo, istintivamente, ti metteva tranquillo. “Dai, accompagnami al Salone”. Doveva partecipare a un dibattito al Salone del Libro e così ci incamminammo a piedi verso il Lingotto. Gian Paolo chiacchierava e salutava, stringeva mani e sempre di più, via via che ci avvicinavamo alla sede del Salone, sorrideva, salutava, chiacchierava con chiunque volesse scambiare qualche parola. Non so perché ma a un tratto disse – evidentemente gli avevo fatto notare come fosse fantastica questa sua verve – “sai, io sono veramente di sinistra”. Non avevo dubbi fosse di sinistra, soprattutto non avevo dubbi sul fatto che fosse una persona perbene. Detestava i telefonini, imparagonabili con quelli in uso oggigiorno, e scherzava: “Fanno venire il cancro alle orecchie”. Seguii il dibattito, il suo eloquio scoppiettante non consentiva distrazioni. Qualche tempo dopo lo risentii, l’ho raccontato nelle pagine introduttive di Sono rimasto putrefatto, mio libro ristampato a gennaio scorso. Nel 1992, l’anno della pubblicazione, pensai a Gian Paolo per la prefazione. Gli inviai il testo per posta, lo chiamai. Era in partenza, andava all’estero, mi disse che l’avrebbe letto in viaggio. Pensavo in realtà che non avesse voglia di occuparsene e considerai la faccenda chiusa. Sbagliavo. Quando rientrò in Italia, fu lui a chiamarmi. “Mi è piaciuto, sono pronto”. Gli dissi che purtroppo non c’era più tempo, il libro era in fase di stampa. M’incazzai con me stesso perché avevo immaginato che non avesse voglia di scrivere quella prefazione. Invece Gian Paolo era sempre aperto, disponibile. E allora rilanciai: “Ti andrebbe di farmi una prefazione video? Potrei usarla per la presentazione”. Ovviamente disse di sì, e solo lui poteva pensare di parlare del libro seduto su una cyclette all’interno di un negozio di articoli sportivi. Un mio amico, Luca Ferrero, fece le riprese. Solo un grande, un simpatico, un fuoriclasse, un tipo non convenzionale “veramente di sinistra”, tifoso romantico del Torino, tifoso del calcio, del ciclismo, dello sport, avrebbe potuto pensare a un regalo simile. Era dicembre 1992, esattamente trentadue anni fa. Ora, nel momento in cui ci ha lasciati, dicembre 2024, sono felice di poter dire di avere conosciuto Gian Paolo Ormezzano. Mi spiace moltissimo di non averlo conosciuto abbastanza.


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