L’appuntamento del Cup. E lui: «Non so se ci sarò». La storia raccontata da Carlo Vulpio sul Corriere della Sera
La storia di Piero Vernile, 46 anni, tre figlie, invalido, operaio del centro siderurgico di Taranto, raccontata dal giornalista Carlo Vulpio sul Corriere della Sera. Un ritratto impietoso della sanità che non funziona in un Paese che non funziona
di CARLO VULPIO
PALAGIANO (TARANTO)
Operaio del più grande siderurgico d’Europa, l’ex Ilva, da quando aveva 19 anni, Piero Vernile, oggi, a 46 anni, ha già tre figlie, è già separato e ha già una invalidità al 65 per cento. Vernile è, in due parole, la classe operaia. Ma a differenza dell’operaio Lulù (Gian Maria Volontè) del famoso film di Elio Petri La classe operaia va in Paradiso(1971), Vernile in Paradiso non ci tiene ad andarci così giovane – nemmeno con l’immaginazione, come accade a Lulù -, nonostante l’impegno della Asl di Taranto di mandarcelo.
«Grazie, ma tra due anni non so nemmeno se ci sarò», ha risposto Vernile l’altro giorno all’impiegata del Cup (Centro unico di prenotazione) dell’Asl di Palagiano, il suo paese, a una ventina di chilometri da Taranto, che gli aveva fissato l’appuntamento per una risonanza magnetica al 27 marzo 2027 nell’ospedale di Castellaneta.

Dopo aver scoperto nel 2017 dei linfonodi al braccio destro e due focolai tumorali benigni al polmone destro, tenuti sotto osservazione con Tac e Pet, Vernile doveva fare anche una risonanza magnetica. «Già sono stato costretto a sospendere Tac e Pet grazie alla emergenza Covid – racconta -. Adesso, sentirmi dire che solo tra due anni potrò fare una risonanza magnetica mi ha fatto incazzare e provare schifo per questa Regione, questa nazione, questo sistema sanitario. Noi all’Ilva respiriamo ancora sostanze cancerogene, c’è ancora l’amianto non incapsulato, e questi che comandano – tutti, di ogni colore, alla Regione e al Governo negli ultimi vent’anni – non garantiscono ai cittadini una assistenza sanitaria decente e non si vergognano di queste liste d’attesa per esami indispensabili, che possono significare la vita o la morte».
Piero Vernile in questo quarto di secolo all’Ilva ha scoperto in fabbrica e a sue spese cos’è la coscienza di classe (chissà se si può ancora dire) ed è diventato sindacalista sotto l’ala di Rocco Palombella, oggi segretario nazionale Uilm. Non si è pertanto limitato alla indignazione, ma ha postato su Facebook e dettato all’Ansa ciò che state leggendo qui e che ha voluto raccontare di persona e nei dettagli al Corriere. Dice Vernile, che per la storia operaia di Taranto «costellata di morti e malati di cancro, adulti e soprattutto bambini, la vergogna della malasanità qui è una doppia vergogna, la gente in lista d’attesa non si conta più». Questa stessa gente, appena ha letto la sua invettiva, ha messo in Rete i propri racconti (documentati) e commenti (spietati). Soprattutto nei confronti del presidente della Giunta regionale, Michele Emiliano – che non perde occasione di ripetere come funziona bene la sanità pugliese -, e dei dirigenti sanitari da lui nominati, protagonisti di vicende scandalose di malasanità di ogni tipo. L’eco del caso Vernile è così diventata un boato e due giorni fa, «esattamente il 28 marzo alle ore 13,44 – continua lui – ricevo una chiamata dal Cup dell’Asl di Taranto».

Il contenuto della telefonata è il classico tentativo di metterci una toppa che risulta peggiore del buco. «La gentile signora – prosegue l’operaio – si scusa con me, mi dice che son cose che non devono accadere e si inoltra in una complicata spiegazione di “agende chiuse” e “agende aperte” per giustificare le liste di attesa. Poi mi dice: “Proprio un’oretta fa si è aperta la possibilità di fare la risonanza in una clinica di Taranto il prossimo 9 aprile. Guardi, in via eccezionale, le fisso già l’appuntamento”. In via eccezionale? Le rispondo che non voglio trattamenti di favore. La signora non “recepisce” e insiste per agevolarmi, dice che posso fare la risonanza anche privatamente e che poi basta che io invii la ricevuta di pagamento al Cup, dove loro valutano caso per caso il rimborso, “ma per lei sicuramente la pagheremo, non si preoccupi”. Al che mi sono arrabbiato e le ho detto: perché ciò che mi sta dicendo non me lo scrive e non me lo invia per mail? Che schifo. Fate schifo. Ho anche una madre ultrasettantenne malata di cancro, che vive da sola e ogni due mesi necessita di farmaci che non può andare a prendere in farmacia perché non ce la fa a raggiungerla, e la farmacia della Asl non è in grado di organizzare una consegna delle medicine a domicilio, una volta ogni due mesi!».
Vernile trattiene le lacrime. Ma glielo chiediamo lo stesso. Lei vota? «Purtroppo, ho votato prima Pd, poi Vendola, Emiliano, poi i 5S e da ultimo Meloni. Tutti uguali. Per me, non si salva nessuno e non voterò più». Non è il Mid West operaio e contadino che vota Donald Trump. E’ Taranto, meravigliosa e spenta capitale della Magna Grecia, dove non sai se fra due anni sarai ancora vivo, come dice Vernile, ma sai che potrai essere in lista d’attesa anche dopo essere morto.
Carlo Vulpio, Corriere della Sera, 30/3/2025
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