La scuola italiana alla finlandese

Un’altra riforma in vista con il nuovo ministro Fioramonti all’inizio dell’anno scolastico. Piace il modello nordeuropeo. Peccato che le scuole italiane siano ancora un concentrato di problemi e riescano complicare le cose semplici. Auguri agli studenti e a chi tiene in piedi la baracca

di TONIO ATTINO

Finalmente il nuovo anno scolastico comincia con qualche parola di speranza. Il neo ministro Lorenzo Fioramonti vuole investire due miliardi, risolvere il problema del precariato, retribuire meglio i docenti facendoli sentire rispettati, migliorare il sistema didattico. Una bella notizia. In realtà anche il vecchio ministro Marco Bussetti un anno fa s’era presentato annunciando investimenti, tecnologie, strutture moderne, insomma novità e soluzioni definitive.

Poi, strada facendo, aveva concluso che non erano necessari fondi ma serviva semplicemente – e si riferiva al Sud – «più sacrificio, più lavoro, più impegno». È comprensibile che un ministro come lui designato dalla Lega fosse così sbrigativo, mentre Lorenzo Fioramonti, benché fosse suo vice e suo alleato al governo, deve essere evidentemente di vedute più larghe. Designato dal movimento Cinquestelle, docente di filosofia, Fioramonti vagheggia il modello finlandese, ossia una scuola dove «hanno ridotto l’orario scolastico e usano le nuove tecnologie per fare insegnamenti trasversali, con l’uso di linguaggi più semplici e accessibili, un modo divertente e accattivante per avvicinare gli studenti alle materie più ostiche».

Chiunque abbia in testa un modello è benvenuto, tanto più un modello con la desinenza in «ese». Fosse anche norvegese, islandese o svedese, questo modello farebbe capire a noi meridionali che l’obiettivo è l’efficienza nordeuropea, il che va benissimo. Diamo ovviamente per scontato che in Finlandia ci sia un sufficiente numero di aule per accogliere gli studenti e le aule – con quelle temperature, poi – siano provviste di termosifoni in funzione; e le finestre abbiano addirittura i vetri al loro posto; e i bagni l’acqua e le porte; e i laboratori siano equipaggiati di computer e addirittura di software per farli funzionare; e i disabili accedano tranquillamente alle aule, ai laboratori e alle palestre; e gli edifici, infine, non cadano a pezzi, come – secondo il movimento dei consumatori Codacons – avviene in Italia, dove in 2.400 istituti si registra ancora presenza di amianto, il 46,8% degli edifici scolastici non possiede il certificato di collaudo statico e il 53,8% non ha quello di agibilità o abitabilità.

Diamo per scontato che in Finlandia «per avvicinare gli studenti alle materie più ostiche» abbiano dato una sforbiciatina perfino agli acronimi. In Italia le periodiche riforme rivoluzionarie dell’istruzione, nel rinviare le soluzioni alle riforme successive, hanno arricchito il glossario di decine di sigle rompicapo in uno spirito finora autenticamente anti-finlandese, per tentare – riuscendoci perfettamente – di rendere complicate le cose semplici. Tra alcune sigle fondamentali non possiamo ormai più fare a meno di Pof (piano per l’offerta formativa), Ptof (piano triennale per l’offerta formativa), Gli (gruppi di lavoro per l’inclusione), Pei (piano educativo individualizzato) che un tempo stava però per piano educativo di istituto, cioè il vecchio Pof. È solo un assaggio. Fermiamoci qui.

C’è ancora tanto da lavorare, Bussetti aveva un po’ di ragione. Ma in fondo – anche questa frase l’abbiamo già sentita – sarà un anno bellissimo. Auguri al nuovo ministro, agli studenti, al personale non docente, ai professori, ai presidi.

da La Gazzetta del Mezzogiorno, 9 settembre 2019

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