Genio, mito, peccatore? Il vero volto di Diego è semplicemente il Sudamerica

La morte di Diego Armando Maradona, genio del calcio, non avrebbe bisogno di altre opinioni. Potete trovarne in giro quante ne volete, autorevoli, interessanti, talvolta controcorrente, spesso ipocrite. Eppure quando ho letto su Facebook un post del mio amico Gigi Mezzacappa gli ho chiesto di scriverlo anche per il mio blog. A parte un’amicizia ormai antica, con Gigi ho condiviso – lui regista – l’esperienza di Terre Rouge, docufilm dedicato al calcio, ma un altro calcio, fatto di fatica, cuore, passione. Gigi ama il Sudamerica. Questo è il suo Maradona.

di LUIGI MEZZACAPPA

Anch’io giuro che su Maradona avrei voluto tacere. Però è l’unico argomento che circola in rete e sui media, anche a detta di chi ha giurato come me che non ne avrebbe parlato, ma poi l’ha fatto. E se qualcuno si è sentito chiamato a farlo scendendo dal piedistallo, allora posso farlo anch’io che sono già a terra. Giocoliere straordinario, sinistro micidiale, trottola inarrestabile. Tante cose si sono dette, ma in sostanza sempre la stessa: chi lo ama lo perdona, e chi non lo ama mette su il ritornello: “Grande sportivo, ma come uomo…”. Con una variante: “Se l’è cercata”.

Qualcuno ha detto che i commenti adoranti, i coccodrilli epici, gli incensamenti e la pioggia di aureole sono eccessivi. Può darsi, ma né più né meno di questo modo di parlare e dei commenti di segno opposto. Oltretutto, molti “adoranti” – non quelli che sfilano in lutto nelle strade – fino a un attimo fa lanciavano fulmini e saette. Ci sono adorazioni eccessive e ci sono adorazioni funzionali.

Si è detto che non è stato Madre Teresa (e mi vien da dire meno male, ché pure quella aveva i suoi scheletri nell’armadio) e non è stato Che Guevara, non ha scoperto la cura per il cancro né ha mai fatto nulla di diverso dal calcio. Direi: lapalissiano. Infatti è stato un calciatore. Altrettanto lapalissianamente direi: nessun calciatore è stato come lui. Ma siamo sicuri che tutti sappiamo com’è stato lui? No, perché qui entra in gioco una delle due vere questioni…

Per esempio, sappiamo tutti che andò in Venezuela a salutare la vittoria di Chavez e gli disse: “Grazie per liberarci dagli artigli degli Stati Uniti, per prenderci per mano, per farci alzare la testa, per renderci orgogliosi di essere latinoamericani”? Sappiamo tutti che Maradona ha devoluto al Venezuela molti soldi per la costruzione di campi di gioco e scuole di calcio per i bambini più poveri? Sappiamo tutti che il giorno dopo il golpe in Bolivia ha espresso la sua solidarieta a Evo Morales e al popolo boliviano? Sappiamo tutti che durante la crisi procurata dalle ingerenze statunitensi in Nicaragua non esitò a schierarsi con Ortega? Sappiamo tutti che di Correa ha detto: “E’ il futuro politico dell’America Latina, un rivoluzionario moderno che non viene dalle campagne abbracciando un AK-47, ma che ha studiato pregi e difetti del capitalismo”? E che a Maduro disse: “Quando lo ordinerai, indosserò l’uniforme per un Venezuela libero, per combattere l’imperialismo e contro chi vuole impadronirsi delle nostre bandiere”? E che di Mujica disse: “Un grande uomo che si è ridotto lo stipendio e andava in giro in sandaletti, che ha combattuto per la rivoluzione uruguaiana”? Che a Dilma e Lula disse: “Sono un vostro soldato, avete la mia solidarietà. Quando un Paese del Sudamerica è attaccato dagli Usa ed è in difficoltà, io ci sono”? Che a Hebe de Bonafini e a tutte le Madres de Plaza de Mayo disse: “Avete tutto il mio sostegno. Tutti noi vogliamo che il nostro popolo si rialzi, mangi e sia felice e sereno”? Le Madri de Plaza de Majo oggi hanno detto di lui: “Diego si è sempre preoccupato per l’Argentina. E’ amato dai giovani, lo adorano e anche noi lo amiamo come un figlio. E’ sempre dalla parte giusta. Il mondo intero lo ama perché non ha mai rinnegato le sue origini”.

Maradona ha sempre criticato la Chiesa perché non fa abbastanza per aiutare il prossimo e i poveri. Poi, ha incontrato Papa Francesco e ha dichiarato che sarebbe stato il capitano della sua squadra perché gli ha promesso che avrebbe fatto qualcosa per i ragazzi poveri. E poi, sappiamo tutti che di Putin disse: “Ha tutta la mia ammirazione perché gli anni passano ma lui ha le convinzioni e l’energia di sempre. E’ un amico dei popoli. Congratulazioni al popolo russo che lo ama”? Recentemente, dopo essere diventato presidente della squadra bielorussa Dinamo Brest, ha detto: “Ricordo Fidel Castro, per me un secondo padre, e ricordo Chavez, Gheddafi, conosco Putin e ora voglio conoscere il presidente Lukashenko. Spero che la mia presenza possa essere utile al calcio bielorusso e ai giovani di qui”.

E ancora, sappiamo tutti che della Palestina disse: “Ha bisogno del nostro aiuto e io sono a disposizione”? Sappiamo tutti che regalò la sua maglietta ad Ahmadinejad in segno di riconoscenza per il sostegno dell’Iran alle nazioni libere dell’America Latina, per la sua vicinanza a Chavez e alla causa palestinese? Sappiamo tutti che il gesto fece scoppiare un vespaio di polemiche in tutto il mondo, con la comunità ebraica argentina che pretese le sue scuse? Sappiamo tutti che quelle scuse non furono mai fatte?

Sappiamo tutti che, nel 1984, ad Acerra, si prestò a una partita di beneficenza su un campetto fangoso di periferia per un bambino che aveva bisogno di un’operazione urgente e costosa? Che Ferlaino si oppose ma Maradona pagò di tasca sua 12 milioni di lire per l’assicurazione contro gli infortuni per tutta la squadra del Napoli? No, perché se non sappiamo tutte queste cose, non possiamo sapere cosa sia stato Maradona. E chi parla di un sudamericano così senza sapere queste cose, agli occhi dei sudamericani e degli ultimi di tutto il mondo appare come un Cristoforo Colombo qualsiasi. Maradona, da oggi, non è più un uomo e non è più neanche un calciatore: è un mito, e al cospetto dei miti si tace almeno per un minuto e poi li si studia, e solo dopo si parla, poco.

Se gli accostamenti di chi incensa Maradona sono eccessivi, lo sono anche quelli di chi lo biasima. A condannare Maradona mentre due miliardi di persone di mezzo mondo lo piangono, si rischia di fare un po’ la figura di Maria Antonietta, che agli occhi degli “stolti” – a cui non resta altro che il calcio perché gli è stato tolto il pane e pure le brioches – probabilmente non risultò divertente. Certo, ha commesso errori e “peccati”, ma hanno nuociuto a sé stesso e non ad altri, li ha ammessi e ne ha fatto pubblica ammenda, avvicinandolo a una condizione umana fallibile, vulnerabile, alla portata dei deboli e degli ultimi. Per chi lo adora, è un modello di riscatto e redenzione, che piaccia oppure no a chi invece lo avrebbe preferito perfetto come un uomo non può essere.

Si dice che la Storia è piena di eroi senza volto e che Maradona ha invece sprecato il talento avuto in dono, ma lui, purtroppo, un volto l’ha avuto, e se non avesse sprecato il suo talento non sarebbe stato un eroe maledetto, quindi un uomo, quindi un mito. Non è mai piaciuto a nessun tipo di potere e non è mai andato d’accordo con nessun tipo di moralismo. Prendere o lasciare. La Storia è piena di personaggi ben più illustri, scomodi e odiati in vita, poi celebrati e incensati, che hanno costretto a uno sforzo di compassione chi aveva voglia di capire, e hanno indotto a sceglierne una dallo scaffale chi si accontentava di spiegazioni pronte all’uso senza attendere il verdetto della Storia. Purtroppo, l’indulgenza è un bene prezioso che si concede solo a chi se lo può permettere, in genere non agli ultimi, sporchi e cattivi, figuriamoci quando abbiano imperdonabilmente sprecato i loro talenti. Comprensione, indulgenza e assoluzione sono riservate a chi ha facoltà di spesa, in genere per aver lucrato sul talento altrui.

Le questioni da dibattere ora sono due: l’ipocrisia di chi non vuol capire cosa c’è dietro questa morte, e l’informazione sintonizzata sempre e solo su una unica lunghezza d’onda, pronta a neutralizzare qualsiasi “eccentricità”: tutto ciò che non è funzionale o non è riconducibile a un determinato racconto, è sistematicamente ignorato o distrutto. Ci aspettano lunghi tempi bui, almeno fino a quando non tornerà a riaffacciarsi un giornalismo più riflessivo, meno “veloce”, che ridarà voce agli ultimi, che cambierà punto di osservazione. Si dirà che un giornalismo così oggi è fuori tempo e fuori luogo, ed è antieconomico. Allora diremo che se i giornali avranno ancora perso copie, sarà perché se la sono cercata.

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