di TONIO ATTINO
“Dobbiamo fare rete con altre forze politiche dove c’è possibilità di convergenza. Serve proseguire il confronto con il centrosinistra con cui siamo al governo e condividiamo un’agenda da portare avanti”.
Nessuno avrebbe mai immaginato (nessuno tra i sostenitori, ovviamente) che i cinquestelle avrebbero adoperato la lingua contorta, elusiva e un po’ democristiana con cui il presidente della Camera, Roberto Fico, si esprime oggi. Questo concetto trascritto alla lettera dalla trasmissione Zapping (Radio1, 16 novembre 2020) rende abbastanza bene l’idea su come i sogni di cambiamento e la dichiarata volontà di aprire il parlamento “come una scatoletta di tonno” – metafora dell’ideologo Beppe Grillo – abbiano viceversa portato il movimento ad adeguarsi alla realtà che voleva combattere. Così la rivoluzione da cui i cinquestelle avevano cominciato la parabola fondata sui “vaffaday”, cioè mandando i partiti a quel paese, ha dovuto fare i conti con la politica istituzionale, le poltrone ministeriali, le linee programmatiche, l’agenda e i soliti contorsionismi linguistici costruiti per non dire nulla. Qualcosa è cambiato di sicuro. Nessuno degli ex “cittadini”, ora diventati deputati e senatori, si sognerebbe di negare una stretta di mano ai politici, come Roberta Lombardi fece sdegnosamente nel 2013 con Rosy Bindi, né di proporre in streaming – al servizio degli elettori – le riunioni di maggioranza come il movimento richiese al segretario del partito democratico Bersani per poterlo sbeffeggiare pubblicamente non calcolando che con il Pd, cioè con i “pidioti” – definizione sempre di Grillo – sarebbero poi andati al governo; né ovviamente di lasciare l’auto blu per salire sull’autobus.
Sarebbe stato interessante ascoltare una parola sul perché lo staff del ministro degli esteri Luigi Di Maio costi il triplo che in passato e sul perché la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, artefice dell’acquisto dei rivoluzionari banchi monoposto con le rotelle per favorire il distanziamento anti-Covid (due milioni e mezzo di pezzi, per un costo complessivo ancora incerto) si batta perfino contro i colleghi di governo per fare riaprire le scuole portando nelle aule oltre otto milioni e 400mila studenti (e più di un milione di persone tra personale docente e non docente) mentre il movimento riunisce gli Stati Generali solo online: le misure contro la pandemia vietano gli assembramenti.
Non c’è niente di veramente nuovo, in effetti: è la politica. Perciò non dobbiamo sorprenderci di chi, bruciando le tappe tra una predica e l’altra, ha fatto contemporaneamente la rivoluzione e la restaurazione con l’obiettivo molto realistico di “portare avanti l’agenda”. Come dopotutto la politica ha sempre fatto, prima e dopo ogni “rivoluzione”. In questo caso, anche durante.
Nella foto, Luigi Di Maio e Beppe Grillo