Il grande Hemingway arrivò a Key West, dove incontrò il capitano Dexter. Che gli cambiò la vita con un dono inaspettato
di TONIO ATTINO
Quando Ernest Hemingway acquistò casa nell’isola di Key West per andare a viverci con la seconda moglie Pauline Pfeiffer, non immaginava che si sarebbe innamorato di Biancaneve. La conobbe grazie al capitano Stanley Dexter. Erano gli inizi degli anni Trenta e gli Stati Uniti erano precipitati nella Grande depressione dopo la crisi del ‘29. Però Biancaneve aveva uno stupendo musetto.
A Key West, ultimo lembo meridionale della Florida distante soli 140 chilometri di mare da Cuba, Hemingway si alzava alle sei del mattino, entrava nel suo studio e si metteva a scrivere; la sera si rilassava chiacchierando e bevendo con gli amici al bar Sloppy Joe. Fu tra un bicchiere e l’altro che conobbe Stanley Dexter. Il capitano era imbarcato su una nave sulla quale trascorreva grande parte della sua vita vivendo di pesca, una passione che Hemingway divideva con la caccia. Gliela aveva trasmessa il papà Clarence.
Hemingway non era un animalista, amava le corride, i safari. La sua vita movimentata e avventurosa di giornalista e scrittore cominciò a diciotto anni come cronista del Kansas City Star. Poi si arruolò nell’esercito americano durante la prima guerra mondiale, diventò autista di ambulanze della Croce Rossa sul fronte del Piave, dove fu gravemente ferito da un colpo di mortaio. Tornato a casa nel 1919 lavorò per Toronto Star e Star Weekly, visse a Parigi, nel 1922 scrisse benevolmente di Mussolini definendolo però, un anno dopo, il “più grande bluff d’Europa”. Praticava il pugilato, amava le bevute e le grandi imprese. Andò in Spagna a scrivere della guerra civile parteggiando per il fronte repubblicano, seguì lo sbarco in Normandia, partecipò alla seconda guerra mondiale. Si mosse in modo spericolato anche in amore. Ebbe quattro mogli e tre figli.
Eppure, uomo coraggioso e con la fama di duro, sempre in bilico sull’orlo del precipizio, Hemingway aveva una sensibilità particolare per i gatti: li adorava. Già nel 1925, a ventisei anni – era nato il 12 luglio 1899, a Oak Park, vicino a Chicago – aveva scritto il racconto Gatto sotto la pioggia. Cosicché quando davanti a un bicchiere Stanley gli mostrò Snowball, una gattina che si portava dietro, Hemingway ne fu entusiasta. Era polidattile, aveva cioè le zampe anteriori con sei dita anziché cinque. Da qualche secolo in qua questa singolare e non frequente condizione genetica faceva considerare i felini con sei dita dei portafortuna, almeno nelle Americhe. Diventato amico di Hemingway, il capitano Dexter decise di fargli un regalo: gli donò una gattina della cucciolata di Snowball. Pelo bianchissimo e musetto ruffiano, la cucciola Snow White – poteva chiamarsi solo così, Biancaneve, ed era un nome perfetto – prese la strada di casa Hemingway, cominciando a muoversi liberamente tra le stanze, il giardino, la camera da letto e lo studio dello scrittore. Di lì a poco non si sarebbe sentita sola.
Al 907 di Whitehead Street, in quella casa colonica spagnola edificata a metà dell’Ottocento in cui avrebbe abitato fino al 1940 con la moglie Pauline e i figli Gregory e Patrick, Hemingway allevò circa sessanta gatti, tutti battezzati con nomi di celebrità: Marilyn Monroe, Emily Dickinson, Ava Gardner, James Joyce, Sophia Loren, Pablo Picasso, Mark Twain. Hemingway li coccolava, ma con Biancaneve aveva un rapporto particolare. Benché fosse circondato da gatti tutti i giorni, Biancaneve era l’unica autorizzata a entrare nello studio quando lavorava. Perciò poteva sdraiarsi sulla scrivania, strusciarsi alle sue gambe o allungarsi sui tasti della macchina per scrivere Royal su cui Hemingway creò Verdi colline d’Africa, pubblicato nel 1935, Morte nel pomeriggio (1932), Avere e non avere (1935) e Per chi suona la campana (1939), il suo più grande successo. Biancaneve faceva compagnia a Hemingway anche in barca, durante le battute di pesca. Doveva sentirsi a suo agio. Dopotutto era nata sull’Atlantico.

Così Key West divenne allo stesso tempo la casa di Hemingway e dei gatti di Hemingway, il quale volle un piccolo cimitero in cui ogni felino avesse la sua lapide. Alla fine degli anni Trenta lo scrittore si trasferì a Cuba con la terza moglie, la scrittrice Martha Gell Horn (ne avrebbe avuta una quarta, Mary Welsh), ma alla morte di Pauline tornò a Key West per prendersi cura dei figli Gregory e Patrick.
Per il romanzo Il vecchio e il mare, ambientato a Cuba, paese cui era molto legato, Hemingway vinse il Pulitzer nel 1953 e l’anno successivo il premio Nobel per la letteratura. Non lo ritirò personalmente. Il suo declino fisico e una depressione che lo tormentava lo portarono alla fine. Come era avvenuto al papà, suicida nel 1928, Hemingway decise di andarsene il 2 luglio del 1961. Era nella sua casa di Ketchum, nell’Idaho. Volse verso se stesso la canna di uno dei sui fucili e sparò. Aveva 62 anni. Lasciò il mondo e i suoi gatti, i cui discendenti continuano a vivere nella casa di Key West, diventata un museo. Su una sessantina di felini, una buona metà hanno sei dita alle zampe anteriori. Sono discendenti della cucciola innamorata che gli regalò il capitano Dexter, la bellissima Biancaneve.
Hemingway visto da Nico Pillinini

LA CASA MUSEO DI HEMINGWAY
