di TONIO ATTINO
Stamattina ho mandato un messaggio a un amico scrivendo: “ Mi manca la visione, come faccio?”. Mi ha risposto: “Ce l’hai con me?”. Allora gliel’ho messa un po’ in inglese, che fa più effetto: “La vision, tutti hanno la vision e io no”. “Ah, la visione” ha detto lui, alludendo al tempo in cui c’erano i film di prima, di seconda e addirittura di terza visione. “Il cinema Fiamma, ricordi?”. E io: “Neanche una terza visione ho. Eppure qui i candidati ce l’hanno tutti, la vision”; e sono ovviamente tornato all’inglese, perché i candidati parlano così, e non ce n’è uno – ah, il 25 e il 26 maggio a Taranto si vota per eleggere il nuovo sindaco e il consiglio comunale – che non abbia una vision. Potrei domandarmi: che ne sarà di Taranto, seppellita dalla monnezza, dove la raccolta dei rifiuti non funziona? Dove da una trentina d’anni si parla di inquinamento insopportabile (ministeri, magistratura, agenzia per la protezione ambientale, Corte europea dei diritti dell’uomo, perfino l’Onu) eppure non è cambiato niente di niente? Dove la popolazione invecchia perché i giovani scappano dovunque ci sia un lavoro? Dove lo stabilimento siderurgico ha cambiato più volte nome (Italsider, Ilva, Riva, ArcelorMittal, Acciaierie d’Italia e ora a quanto pare diventerà Baku Steel) ma resta lo stesso cesso di prima? Che ne sarà? Nessuno ne parla con chiarezza perché nessuno sembra avere un’idea – magari un’idea coraggiosa e quindi poco conveniente – nella testa. Dietro le quinte si muovono come al solito potentati, trame, alleanze trasversali, e questi, incapaci quando non imbroglioni, restano immobili fingendo di voler fare la rivoluzione. E parlano in codice: la vision. Si può dire vaffanculo? Mi concedo una deroga: stavolta si può dire.