Carlo Vulpio: “Io e Sgarbi abbiamo chiesto più volte la registrazione, ma evidentemente la Rai non vuole fare conoscere quel filmato sulla Palazzina Laf”

I retroscena della trasmissione del 2011, la scazzottata con il capostruttura, la puntata cancellata anche da Raiplay. “Hanno secretato l’unica testimonianza tv in cui c’erano i veri protagonisti della persecuzione da parte dell’Ilva”

Dopo il mio articolo Sebastio, Signorile, Vulpio, Sgarbi: l’altra faccia della mia Palazzina Laf, ecco un colloquio con Carlo Vulpio, inviato del Corriere della Sera, il quale ricorda che cosa accadde dietro le quinte della trasmissione Ci tocca anche Sgarbi, di cui era co-autore. All’interno della seconda puntata doveva andare in onda un servizio sul caso Ilva di Taranto e la Palazzina Laf, registrata precedentemente. Nessuno lo ha mai visto perché il programma fu cancellato dopo la prima puntata trasmessa in prima serata su Rai1 il 18 maggio 2011. Già dodici anni fa alcuni milioni di italiani avrebbero potuto conoscere la storia della Laf.

Carlo Vulpio

“Quella sera fu emozionante” ricorda Carlo Vulpio. “La storia della Palazzina Laf commosse tutti, anche i cameramen. Io li vedevo con i lucciconi. Tu c’eri e ricorderai che registrammo il servizio una volta sola. Fu buona la prima e ne venne fuori un documento toccante, una decina di minuti bellissimi. Se anche i cameramen si emozionarono, invece i dirigenti della Rai, e coloro che evidentemente lo visionarono, dovettero allarmarsi parecchio”. 

Hai mai rivisto quel servizio?
“Mai. E’ introvabile. Sia io sia Sgarbi ne abbiamo richiesto più volte una copia. Non ci hanno neanche risposto. Ci abbiamo provato anche tramite l’ex direttore generale Masi. Niente. Evidentemente la storia vera della Laf non si deve conoscere. Invece sarebbe giusto farlo mostrando i volti dei veri protagonisti presenti in trasmissione. Quella è stata, finora, l’unica rappresentazione vivente della storia della Laf, con i protagonisti a raccontarla. Ma la Rai ha deciso di non tirar fuori la registrazione. L’ha praticamente secretata, come un documento sensibile”.

Vittorio Sgarbi dietro le quinte

Non vi è mai stato detto perché quel documento non può essere visionato?
“Non avendo mai avuto una risposta dalla Rai, non ne conosco il motivo, ma posso immaginarlo. Se venisse fuori oggi sarebbe rivelatore di un po’ di cose. Hai ragione quando scrivi sul tuo pezzo che non dobbiamo indignarci 25 anni dopo comodamente al cinema vedendo il film Palazzina Laf. Domandiamoci allora perché questa storia non è passata in tv per tempo, perché la Rai ancora non tira fuori il filmato, perché quella registrazione non è neanche sul web, così come non c’è quella unica puntata di Ci tocca anche Sgarbi. Non è stata messa neanche su Raiplay, eppure sarebbe una rarità. E’ stata cancellata, non deve essere nella memoria. In quanto alla registrazione sull’Ilva, parlava di prepotenze, di soprusi, cose che non esistevano solo allora, ma esistono anche oggi. Pensa a chi fa le consegne a domicilio, ai quali viene sostanzialmente detto prendete questo lavoro e non rompete i coglioni”. 

Perché secondo te Ci tocca anche Sgarbi fu cancellato dopo una sola puntata sulle sei previste?
“Era stato deciso a tavolino, gli ascolti non c’entravano nulla. Facemmo quasi otto punti e mezzo di share con una trasmissione culturale in prima serata, c’erano programmi che questi numeri se li sognavano. Non regge neanche il pretesto della lite in diretta tra Sgarbi e Morgan, che fu un interessante, benché involontario, momento di televisione. D’altronde le avvisaglie c’erano state un paio di giorni prima, nel corso di una riunione. Il capostruttura assegnato al programma, Antonio Azzalini, contestava la decisione di occuparci dello scandalo dell’eolico. Azzalini non voleva, insisteva durante la riunione, diceva che il tema era debole. Gli risposi: io lo faccio lo stesso. Al che lui chiese che io scrivessi il mio intervento. Gli spiegai che per quei sei, sette minuti avrei parlato a braccio, senza testo. Azzalini perse le staffe, mi insultò dicendomi ‘ridicolo coglione’ , prese una bottiglietta di acqua minerale, piena, e me la lanciò. La evitai e lo presi a cazzotti. In una ventina si avventarono su di me, bloccandomi. Ecco, già in quel momento avrei dovuto capire che avevano deciso di chiuderci prima ancora di cominciare. Ma tu sai chi è Antonio Azzalini?”.

Dovrei?
“Beh, ricorderai sicuramente il capodanno 2016 che la Rai mandò in onda da Matera, uno spettacolo trasmesso in diretta. Alla fine apparvero in sovrimpressione i messaggi sms dei telespettatori, alcuni dei quali contenevano messaggi volgari, sfuggiti evidentemente ai controlli preventivi. Di quella trasmissione era responsabile Azzalini, che poi, Dio esiste, fu licenziato dalla Rai per avere deciso arbitrariamente di anticipare il countdown di quaranta secondi, quindi di averci fatto festeggiare anzitempo il capodanno”.

La registrazione del servizio sulla Palazzina Laf mai andata in onda

La storia della Palazzina Laf doveva andare in diretta nella prima puntata, poi fu deciso di registrarla per mandarla in onda nella seconda. Perché?
“E’ vero, la Palazzina Laf doveva essere nella prima puntata. Era in Italia il primo caso di bossing, cioè di mobbing praticato da un datore di lavoro, in questo caso praticato dalla famiglia Riva, che aveva acquistato dallo Stato l’Ilva. Ma quando capimmo che la Rai e il capostruttura Azzalini non volevano assolutamente che io parlassi di eolico, decidemmo di anticipare questo tema. Posticipammo l’Ilva, cioè la Palazzina Laf, che era emblematica dalla città della diossina, alla seconda puntata, registrando il servizio. Non immaginavo ancora che il piano fosse quello di chiuderci”.

Cosa ti colpì di quello che dissero i lavoratori di Taranto.
“Ricordo che non credevano potessero dire davanti a una telecamera, e a una telecamera della Rai, tutto quello che volevano e come volevano. E questa botta di libertà li rese divinvolti. Qualcuno si commosse e tutti, dopo la registrazione, mi dissero che finalmente qualcuno aveva avuto il coraggio di sputtanare i concertoni del primo maggio e la loro retorica, ce l’avevano a morte con questa cosa. Nessuno degli attori e delle attrici da primo maggio aveva mai accettato di venire a Taranto quando parlavamo di questo tema, si dileguavano tutti, eppure i lavoratori avevano vissuto un dramma. Molti misero in pericolo la loro vita familiare. Venivano considerati degli sfaticati che nella vita non facevano un cazzo. A fine registrazione mi chiesero quando avrebbero visto quella puntata”.

E tu non sapevi ancora come sarebbe finita?
“In quel momento ancora no, ovviamente. Ricordo che mi girarono le palle quando capii che ci avrebbero chiuso dopo l’eolico, non ci sarebbe stata una seconda puntata e quindi il filmato sulla Laf non lo avrebbe visto nessuno. Non ebbi il coraggio di comunicare questa mia convinzione ai lavoratori che erano venuti a Roma con te a raccontarsi con tanto entusiasmo. La mattina del giorno successivo, il 19 maggio, Sgarbi fu svegliato da una telefonata con cui gli fu comunicato lo stop al programma”. 

Eppure Rai Cinema ha coprodotto il film Palazzina Laf di cui è regista l’attore tarantino Michele Riondino.
“Bene, una ragione in più per tirare fuori quella registrazione inedita e parlare di Taranto e di Ilva. Io mi occupai della Laf nel mio libro La città delle nuvole, uscito nel 2009. Scrissi anche che l’Ilva, una grande azienda come l’Ilva, non pagava l’Ici, imposta finita in prescrizione. Mi beccai la lettera del capo del personale Di Biase che poi finì alla Fiat, quando la Fiat era principale azionista del Corriere della Sera. L’Ilva era un tema scottante allora e lo è anche oggi. Se sull’eolico abbiamo le idee chiare, la vicenda Ilva, che oggi si chiama Acciaierie d’Italia, è ancora grande punto interrogativo. Che fine farà? Resterà aperta? Chiuderà? E come andrà avanti? Se per tenerla in vita ci vogliono 750milioni di miliardi, come direbbe zio Paperone, allora mettiamoli. Se invece sono troppi buttiamo giù l’Ilva. Io non sono contro l’industria. Serve l’acciaio? Benissimo. Ma come e dove? In che modo? Si faccia uno stabilimento più piccolo al posto di questo gigante più grande di una città. Invece niente, si lascia tutto com’è e mentre l’inquinamento è sempre là e si parla di costruire ospedali. Che discorso è? Io non vorrei nuovi ospedali o super ospedali, a me interessa vivere bene, non essere curato bene”.

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